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Grandi querce e lecci accompagnano il cammino sino a quando, improvvisamente, la macchia si fa meno fitta. Seppure il fosso che costeggia la Formina raggiunge una profondità di quindici o venti metri, il percorso sembra miracolosamente proseguire nel vuoto. E’ qui Ponte Cardona in tutta la sua austera e solitaria possenza. E’ un ponte romano realizzato in opera quadrata con conci di travertino. La sua architettura si richiama a quella dell’età Augustea. E’ ad un solo arco a tutto sesto, leggermente rialzato. Si deve scendere nel letto del fosso per ammirarne tutta la sua bellezza: un’architettura vecchia di duemila anni emerge nel groviglio di una vegetazione spontanea e forte, a voler ricordare come l’uomo, quando vuole, può accordarsi perfettamente con la natura.
E’ quarto ed ultimo ponte che si incontra in direzione di Narni, a m. 9571,79 dall’origine, secondo la carta dell’800, che riporta la sua lunghezza di palmi 85 (m. 18,99).
Esso si trova in località “il Montello”, a quota m. 263 s.l.m. e nella cartografia I.G.M. risulta collocato al foglio 138, IV, S.O. “Narni”. In una planimetria del Catasto Gregoriano del 1819, si vede chiaramente il tracciato della Formina indicato con la dicitura “strada comunale dell’acquedotto”, ma il ponte non è evidenziato, così come non lo è nella cartografia catastale rilevata nel 1946 ( Foglio 90), mentre la strada che vi passa sopra è denominata “comunale dei Cappuccini nuovi”, da un convento che fu costruito agli inizi del XVII secolo nei pressi di Narni, lungo il tracciato del condotto idrico. Il ponte fu necessario per superare il “fosso dei Collari”, che nei periodi di forti piogge ha una notevole portata, mentre nella maggior parte dell’anno è asciutto.
Tale profonda depressione è incisa nella Corniola, a monte della quale affiora il Calcare Massiccio, che si presenta all’altezza dell’acquedotto con grosse bancate. Quest’ultimo materiale, di buona resistenza, anche se non facilmente lavorabile, probabilmente fu ritenuto idoneo dalle maestranze romane, visto che fu utilizzato per la costruzione dell’intera struttura. Da esso inoltre si ricava un’ottima calce che fino ad alcuni decenni fa veniva ancora preparata in questi luoghi artigianalmente. Lungo il sentiero che corre sopra l’acquedotto, ad alcune decine di metri dal ponte, si vedono dei tagli verticali sul calcare che affiora, forse serviti per cavare il materiale necessario e nel contempo aprire il varco per il cunicolo sottostante.
Il ponte si presenta ad un unico arco a tutto sesto leggermente rialzato (+ m. 0,04) e conserva della struttura originaria l’armilla, la volta, i piedritti e parte delle spalle. Si nota subito la presenza di due tecniche murarie e precisamente l’opera quadrata e l’opera incerta, probabilmente di restauro. La luce, presa a m. 2,28 dall’imposta dell’arco, dove gli angoli sono ben evidenti, è risultata pari a m. 2,44 (circa 8 piedi e ¼), mentre la profondità è di m. 2,08 (circa 7 piedi romani). Le diagonali interne uguali attestano che il fornice ha una pianta perfettamente rettangolare.
Inaugurazione inizio restauro dell’ area
Mediante il coinvolgimento della scuola edile della provincia di Terni avvennero i lavori del restauro di Ponte Cardona